AUTISMO: INTERVENTO LOGOPEDICO

La logopedia è una parte fondamentale del trattamento riabilitativo del bambino con autismo.
Una volta effettuata la diagnosi di autismo o disarmonia evolutiva, l’equipe medica valuta il modo migliore per favorire la comunicazione e migliorare la qualità della vita del bambino e della sua famiglia.
Prima si intraprende un percorso riabilitativo, migliore sarà l’impatto sullo sviluppo: i primi quattro anni di vita, infatti, rappresentano un periodo di massima plasticità cerebrale. La riabilitazione funzionale è tanto più efficace quanto più è precoce, un trattamento intensivo ed individualizzato può favorire la comunicazione sociale, modulando la tendenza all’isolamento.
É importante intervenire su tutti gli aspetti linguistici e comunicativi in modo sinergico, tutte le figure professionali che interagiscono con il bambino devono avere obiettivi comuni e condivisi e soprattutto la famiglia deve essere il fulcro dell’intervento.

Spesso alle difficoltà comunicative e sociali si associano difficoltà del linguaggio in produzione e in comprensione che possono coinvolgere diversi ambiti, come quelli articolatorio, fonologico, lessicale, morfo-sintattico, narrativo e pragmatico.
Esiste inoltre un’alta percentuale di persone con autismo che presenta anche disprassia verbale o, ancora, l’ipersensibilità sensoriale, che può coinvolgere le funzioni legate all’alimentazione e quindi il distretto oro-buccale.

Per tali ragioni diventa fondamentale proporre un training specifico per ogni singola difficoltà.
Si possono introdurre strategie comunicative alternative CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa), sia per promuovere l’iniziativa comunicativa sia per consolidare lo sviluppo comunicativo, in particolare facendo riferimento alla metodologia Pecs.

Il metodo PECS è un sistema di comunicazione per scambio di figure ideato da Bondy e Frost che mira ad incrementare le capacità comunicative in bambini non verbali o con capacità comunicative molto ridotte, in particolare affetti da disturbo pervasivo dello sviluppo, attraverso lo scambio di immagini.
Il protocollo prevede la successione di una serie di fasi e rientra nei metodi di comunicazione aumentativa e alternativa, rispettando i principi del modello cognitivo-comportamentale.

Può essere utile intervenire anche con il metodo Prompt: questa tecnica è nata negli anni ’70 negli Stati Uniti grazie ad un’intuizione della logopedista Debora Hyden e nel tempo si è sviluppata ed evoluta.
La particolarità del metodo sono i PROMPT, degli input tattili agli organi interessati dall’articolazione, come mandibola, muscolatura labio-facciale e lingua. Il logopedista incorpora inoltre questi input con informazioni visive e uditive.
Per utilizzare efficacemente l’approccio PROMPT, occorre prima una valutazione globale e approfondita, che prende in considerazione i diversi domini del bambino: fisico-sensoriale, cognitivo-linguistico e socio-emotivo; questo contribuirà a creare un piano riabilitativo con obiettivi individualizzati.